Sunday 28 July 2013

Luoghi comuni alla torinese

Quando ero un adolescente molto irrequieto e sicuramente molto arrogante, sempre la mia rabbia si scatenava contro un certo numero di simboli del vecchio mondo: uno di questi era l'eterno cicalare senza motivo delle madamine torinesi. Un chiacchierare incessante e - apparentemente - solo fatto per il gusto della compagnia e dello stare insieme. Pieno di luoghi comuni che non avevano vergogna di essere banali ("un tempo qui era tutta campagna", "al giorno d'oggi i giovani non vogliono piu' lavorare", etc.). La cosa piu' inquietante per me era il continuo darsi ragione senza realmente ascoltare gli altri.
Ricordo mia madre presentarmi dei figli delle sue amiche con cui avevo poco o nulla  con cui spartire e aspettarsi che io facessi lo stesso. "Avete la stessa eta', chissa' quante cosa da dirvi avrete!". Nessuna. Io non chiacchiero a vanvera (mi pare di avere gia' menzionato che ero arrogante).
Ma davvero quelle chiacchiere erano per me il simbolo di un vecchio mondo che non mi piaceva.

Ora che non abito piu' li', ora che sono cresciuto e - mi auguro - ho maggiore tolleranza del vecchio mondo,  ho avuto una esperienza paradossale che un tempo avrei vissuto come una vittoria e che invece oggi mi ha lasciato sorridente. E non per scherno o rabbia. Solo allegro.

Il mio papa' quasi ottantenne e' caduto qualche giorno fa, ha battuto la testa ed ha un perdita totale (e si spera temporanea) della memoria. Oggi l'ho portato nel giardino dell'ospedale a sedersi su una panchina e ci siamo trovati - come in un sogno per me - improvvisamente avvolti da uno di questi circoli delle chiacchiere. Ad  onore del vero piu' della meta' erano uomini, ma i discorsi erano gli stessi. "Questo ospedale e' il migliore in Europa, come questo non ce ne sono altri", "non me ne parli io abito a Rivoli e l'ospedale ti opera come facevano 50 anni fa", etc.).
Io in questi casi sono tremendamente imbarazzato. Sono abituato al discorso scientifico che richiede prove ("e su quali basi questo sarebbe il migliore d'Europa? E come fa lei a sapere che quelle tecniche sono quelle di 50 anni fa, etc.). Insomma sono un piantagrane che non sa stare al gioco. Quindi sto zitto.
Mio papa' invece ha fatto della sua capacita' di chiacchierare la base del suo successo lavorativo. Lavorava in banca e faceva prestiti agli artigiani ed agli agricoltori. Gente che se non sei dei loro non ti ascolta. Mio papa' in parte era dei loro, viste le sue origini di campagna, ma soprattutto era capace di ascoltarli ed a comunicare. Lui piemontese era in grado di parlare agli agricoltori pugliesi e diventare uno di loro anche se solo per una mezzora.
E quindi oggi quando il gruppo ha cercato di coinvolgerci (ed in particolare una signora che era la piu' vicina), io mi sono ammutolito, mentre mio papa' (che ricordo e' senza memoria) e' salito in cattedra. Usando un talento che e' ovviamente innato e non affetto dalla mancanza di memoria, ha iniziato una conversazione con la signora al limite del cicaleccio che e' durato un buon cinque minuti.
Ora la mia posizione durante la chiacchierata era specialissima. Se da una parte ero affascinato da questo talento che emergeva dai meandri della sua mente confusa, dall'altra cercavo disperatamente un modo per comunicare alla signora la sua confusione senza che lui fosse umiliato. Risultato: sono stato zitto per cinque minuti. I discorsi e gli argomenti del mio papa' erano affascinanti: convincenti, sempre  attenti alle istanze della signora, sempre pronto a darle ragione e a riprendere i suoi argomenti. Solo... erano totalmente incoerenti. Non avendo memoria a breve termine diceva tutto ed il contrario di tutto; alcune affermazioni poi erano completamente illogiche, oppure contenenti parole spurie che avevano preso il posto di altre senza vergogna.
La signora, da brava madamina torinese o non se ne accorta o semplicemente ha continuato il gioco del seguire l'interlocutore e dare ragione. O forse ha avuto empatia nei confronti di una persona anziana che oggettivamente sembrava un po' male in arnese.
A me comunque sembrava di essere in un'opera di Samuel Beckett con i due personaggi che si scambiano luoghi comuni ed sono totalmente incoerenti.
Quando la signora, sorridente e felice si e' alzata per tornare nell'ospedale con suo figlio, il babbo l'ha salutata allegramente. Poi, come in un'opera dell'assurdo, si e' improvvisamente bloccato. Ha guardato il palazzo dove la signora era entrata, e con aria sorpresa mi ha chiesto: "ma questo palazzo li' davanti: cos'e'?".  Era - inutile dirlo - il palazzo dell'ospedale sulla cui bonta' mio padre aveva discettato a lungo con la signora.

O ra non so se la signora ha davvero mirabilmente mostrato rispetto ed empatia per l'interlocutore anziano o no. L'adolescente che ancora qualche volta affiora e' scettico.
Io pero' ora sono piu' vecchio, ho meno cose da dimostrare e - soprattutto - non devo ascoltare troppo spesso le banalita' che emergono in questi circoli, quindi sono piu' tollerante ed in fondo affascinato. A me piace pensare che l'interminabile cicaleccio delle madamine torinesi non serve a creare nuove verita', non serve a cambiare il mondo, non serve ad allenare la propria capacita' dialettica, ma solo a stare insieme, possibilmente allegramente, possibilmente cercando e dando empatia.